Il Dojo

Il luogo dove si pratica il jūdō si chiama dōjō ("luogo di studio della via"), termine usato anche nel buddhismo giapponese ad indicare la camera adibita alla pratica della meditazione zazen e per estensione, indica un luogo ove il reihō ("etichetta") è requisito fondamentale.
« Quando si visita un dōjō per la prima volta, generalmente si rimane colpiti dalla sua pulizia e dall'atmosfera solenne che lo pervade. Dovremmo ricordarci che la parola "dōjō" deriva da un termine buddhista che fa riferimento al "luogo dell'illuminazione". Come un monastero, il dōjō è un luogo sacro visitato dalla persone che desiderano perfezionare il loro corpo e la loro mente.
La pratica del randori e dei kata viene eseguita nel dōjō, che è anche il luogo in cui si disputano le gare di combattimento. »
Nel dōjō, il jūdō viene praticato su un materassino chiamato tatami. Il tatami in Giappone è fatto di paglia di riso, ed è la normale pavimentazione delle abitazioni in stile tradizionale. Fino agli anni settanta circa si è usato anche per la pratica del jūdō, ma oggi, per fini igienici ed ergonomici, si usano materiali sintetici: infatti per la regolare manutenzione del dōjō è importante che i tatami siano facili da pulire, e per consentire ai jūdōka di allenarsi confortevolmente, devono essere sufficientemente rigidi da potervi camminare sopra senza sprofondare ed adeguatamente elastici da poter attutire la caduta.
Il dōjō ha una organizzazione definita in quattro aree principali disposte indicativamente secondo i punti cardinali:
  • Nord: Kamiza ("posto d'onore"), che rappresenta la saggezza, è riservato al sensei titolare del dōjō alle spalle del quale è apposta l'immagine di Jigorō Kanō Shihan.
  • Est: Jōseki ("posto degli alti gradi"), che rappresenta la virtù, è riservato ai sempai ("compagno maggiore"), agli ospiti illustri, o in generale agli yūdansha ("portatori di dan").
  • Sud: Shimoza ("posto inferiore"), che rappresenta l'apprendimento, è riservato ai mudansha ("non portatori di dan").
  • Ovest: Shimoseki ("posto dei bassi gradi"), che rappresenta la rettitudine, è generalmente vuoto, ma all'occorrenza è occupato dai 6ⁱ kyū.
L'ordine da rispettare è sempre quello per cui, rivolgendo lo sguardo a kamiza, i praticanti si dispongono dai gradi inferiori a quelli superiori, da sinistra verso destra. Il capofila di shimoza, usualmente il più esperto tra i mudansha, di norma è incaricato del rispetto del reihō. In particolare è incaricato di avvisare i compagni di pratica riguardo: l'assunzione della posizione formale in ginocchio seiza ("posizione formale"), del mokusō ( "silenzio contemplativo") e del suo termine yame ("fine"), del saluto al fondatore shōmen-ni-rei ("saluto al principale"), del saluto all'insegnante sensei-ni-rei ("saluto al maestro"), del saluto a tutti i praticanti otagai-ni-rei ("saluto reciproco"), e del ritorno alla posizione eretta ritsu ("in piedi").
Nei dōjō tradizionali, inoltre, vi è usualmente uno spazio adiacente alla parete dove vi sono conservate le armi per la pratica dei kata: bokken ("spada di legno"), tantō ("pugnale"), ("bastone"), e kenjū ("pistola"); e il nafudakake ("tabella dei nomi"), dove sono affissi in ordine di grado i tag di tutti i jūdōka appartenenti al dōjō.

Il tatami per lo shiai

Il tatami utilizzato nelle competizioni shiai ("gara") deve avere le misure minime di 12×12 m per le classi Esordienti A e B; e di 13×13 m per le classi Cadetti, Juniores e Seniores, ed uno spessore di almeno 4 centimetri. Al centro vi è l'area di combattimento di dimensioni minime di 6×6 m per le classi Esordienti A e B, e di 7×7 m per le classi Cadetti, Juniores e Seniores; e dimensioni massime di 10×10 m. La zona di pericolo di colore rosso di 1 metro di larghezza è stata abolita nel 2007 a seguito delle delibere in materia, disponendo così della sola area di combattimento interna e dell'area di sicurezza esterna, quest'ultima di larghezza non inferiore a 3 m.